Chi motiva chi? Ma soprattutto che cosa motiva le persone a svolgere con amore il proprio lavoro?
Alla prima domanda mi è facile rispondere: nessuno ci può motivare più di quanto possiamo fare noi stessi.
Ognuno di noi conosce bene le proprie leve motivazionali, indipendentemente da quello che fanno gli altri nei nostri confronti.
Dico ciò perché mi rendo conto che non sempre le organizzazioni nelle quali lavoriamo si rendono conto di cosa veramente motivi i propri collaboratori. Dove è che sbagliano? Probabilmente l’errore consiste nel non cercare di capire quali siano i reali bisogni delle persone.
Se solo cercassimo di approfondire questi bisogni, riusciremmo, probabilmente, a soddisfare di più i nostri collaboratori e questo li renderebbe persone più felici ed appagate e di riflesso anche le nostre organizzazioni lo sarebbero.
Talvolta addirittura tendiamo ad anticipare un bisogno di una persona, pensando di fare cosa gradita e non ci rendiamo conto che invece otteniamo solo l’effetto contrario perché il nostro gesto, pensiero non era stato esplicitato o richiesto dalla persona ma è nato solo dalla nostra presupponente convinzione che quello che abbiamo fatto era proprio quello che il collaboratore si aspettava dall’azienda.
Che cosa si può fare allora in ambito aziendale? Pensare solo all’aspetto della retribuzione fissa è sicuramente limitativo, soprattutto per quei dipendenti che hanno già raggiunto un range retributivo soddisfacente per la posizione ricoperta. Pertanto, appagato il bisogno di venir ricompensati in maniera equa per il valore del nostro lavoro, scatta la necessità, da parte dell’azienda, di trovare nuove e diverse leve motivazionali, come ad esempio:
1) Fornire obiettivi specifici, misurabili, legati al lavoro di ciascun dipendente, dando la possibilità ai dipendenti stessi di tracciarne l’andamento;
2) Legare il raggiungimento degli obiettivi ad un incentivo economico che abbia senso per la persona;
3) Offrire frequenti feedback ai propri collaboratori sulla prestazione, riconoscendone il merito;
4) Riconoscere e festeggiare i successi;
5) Dare possibilità di crescita, delegando;
6) Offrire opportunità di “Smart working”, nell’ottica di conferire una maggiore autonomia;
7) Prevedere percorsi di crescita, laddove possibile;
8) Fornire formazione, tramite attività di mentoring, coaching e training on the job;
9) Mettere a disposizione dei dipendenti benefit legati al welfare e al work life balance;
10) Stimolare lo spirito di gruppo per accrescere il senso di appartenenza e la conseguente motivazione a voler far parte del gruppo stesso.
Molte altre idee si potrebbero aggiungere alla mia lista, ma, riassumendo, ritengo che alla base della motivazione ci sia una spinta interiore personale, basata su un bisogno specifico, che le organizzazioni devono sforzarsi di conoscere per poter motivare in modo sempre più efficace.